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I Comportamenti e i ruoli che i figli possono assumere nei conflitti genitoriali

L’evento della separazione dei genitori rappresenta per i figli un momento di grande criticità perché comporta un’inevitabile trasformazione del rapporto con le figure di riferimento e una nuova riorganizzazione delle immagini genitoriali in virtù di nuove dinamiche relazionali. Le ricerche e gli studi longitudinali degli effetti della separazione sui figli hanno portato molti autori ad essere concordi nel ritenere che le conseguenze più distruttive non sono rappresentate dall’evento della separazione in se poiché è stato dimostrato che se ricevono abbastanza supporto e rassicurazione, la maggior parte di loro è in grado di tornare a un normale modello di sviluppo. Molti altri studi  hanno dimostrato che quando i genitori separati/divorziati sono in grado di collaborare fra loro, mantenendo un ruolo genitoriale congiunto, l’adattamento dei figli alla nuova situazione risulta notevolmente facilitata. Un’analisi condotta su oltre duecento studi di ricerca ha mostrato infatti che due fattori sono decisivi nell’adattamento di un figlio alla separazione dei suoi genitori: un contatto continuo e positivo con il genitore non affidatario e una buona comunicazione tra il figlio ed entrambi i genitori, mentre i conflitti continui tra genitori sembrano un indicatore affidabile dell’aumento di problemi psicologici di comportamento, sintomi somatici e psico-somatici, basso rendimento scolastico e scarsa autostima. A tal proposito, alcuni autori ritengono importante considerare, nell’affrontare il tema del coinvolgimento dei figli nella separazione,  le possibili implicazioni sia rispetto allo sviluppo psicologico sia all’assunzione di ruoli da parte dei figli stessi  e la fase evolutiva in cui essi si trovano al momento della separazione o nel periodo di maggior stress emotivo del processo che accompagna la rottura dei legami tra i genitori. Molti autori hanno quindi focalizzato l’attenzione su ciò che accade alla coppia genitoriale per poter meglio definire cosa accade ai bambini nelle varie fasi di sviluppo con l’obiettivo di prevenire, per quanto è possibile, eventuali disagi di una certa rilevanza e intervenire per evitare l’insorgenza di gravi rischi per il loro benessere. Spesso gli adulti sottovalutano la capacità dei figli di comprendere sentimenti e relazioni. Gli studiosi Francesco Canevelli e Marina Lucardi  hanno proposto una teoria che collega le varie tipologie di conflitto che la coppia può mettere in atto prima, durante e anche dopo la separazione e i comportamenti e i ruoli che i figli sono in qualche modo “costretti” ad assumere perché i genitori, inconsapevoli  e occupati ad affrontare il proprio dolore, rabbia e sofferenza,  non sono in grado di fornire supporto e comportamenti empatici  “responsivi” alle esigenze  dei propri figli.  In questi casi il bambino può sperimentare il sentimento di abbandono, ovvero la perdita della “base sicura” e cercare di proteggere se stesso e i propri genitori  assumendo vari tipi di comportamento come l’unico mezzo a sua disposizione per esprimere necessità che non è in grado di tradurre in parole.

Alcuni  esempi di “ruolo del figlio”:

  • Messaggero (intermediario nelle comunicazioni tra i genitori)
  • Riconciliatore (cerca di riunire i genitori)
  • Paciere (dice a ognuno dei genitori ciò che questo vuole sentirsi dire)
  • Alleato cooptato da uno dei genitori per ottenere l’appoggio
  • Decisore attivo (si sostituisce ai genitori che non si assumono la responsabilità di decisioni difficili)
  • Confidente (assume il ruolo di amico di uno o entrambi i genitori)
  • Partner sostitutivo (sostituisce il partner che se n’è andato)
  • Genitore sostitutivo o assistente (si occupa di un genitore o dei fratelli più piccoli)
  • Giudice ( è incoraggiato a incolpare uno dei genitori)
  • Fuggitivo (assenza da scuola, devianza)
  • In lutto per la perdita della famiglia (esprime il dolore che i genitori stanno reprimendo)

Questi ruoli all’interno delle dinamiche relazionali triangolari (madre-padre-figlio) possono innescare processi disfunzionali, se protratti nel tempo, assumendo configurazioni che sono state studiate da autori come Minuchin  il quale ne indica tre principali all’interno della triade rigida: la coalizione, la triangolazione e la deviazione. Nella prima configurazione uno dei genitori si allea con il figlio contro l’altro genitore; nella seconda configurazione il figlio viene a trovarsi in una situazione di “sballottamento” tra i due genitori che sono impegnati a far si che egli scelga uno dei due, e nella terza il figlio può esprimere il disagio relativo alla situazione conflittuale attraverso manifestazioni sintomatiche. Quando si rendono conto che uno o tutti e due i genitori non riescono ad affrontare la situazione  può accadere  che  utilizzino “strategie protettive” pensando  che esse possano rendere le cose più facili e di conseguenza evitare il pericolo che i genitori si feriscano a vicenda. Il comune denominatore di queste e altre dinamiche relazionali disfunzionali, è in ogni caso la “violazione di confini” che porta ad una confusione di ruoli  dove non vengono riconosciute le caratteristiche del bambino e la sua reale differenziazione psicologica dal genitore innescando  così oltre a situazioni di “invischiamento” anche quelle di “inversione”. Il ruolo di genitorializzazione, se protratto nel tempo, rischia di generare un disequilibrio emotivo e affettivo del figlio che viene a trovarsi in una situazione di “doppio legame”. Egli non solo assume il ruolo di figlio obbediente ma contemporaneamente collude con la dinamica della genitorializzazione, sacrificando i suoi bisogni per assumere il ruolo della persona ”adulta”. A volte, purtroppo, uno dei modi in cui i figli cercano di proteggere se stessi dal conflitto e dalla tensione è quello di rifiutare di vedere l’altro genitore. In questi casi, infatti, la grave conflittualità può indurre uno dei due genitori ad influenzare il figlio/i nell’assumere comportamenti ipercritici e denigratori nei confronti dell’altro genitore. In questo caso, possono insorgere anche problemi relazionali genitore-bambino che “possono includere attribuzioni negative delle intenzioni dell’altro, ostilità o biasimo dell’altro e sentimenti ingiustificati di estraneamento“. In altre parole, il figlio/i fanno esperienza di ingiustificati sentimenti di ostilità e di atteggiamenti negativi criticando il genitore alienato che viene ad assumere il ruolo di capro espiatorio in ogni possibile circostanza. (rif. DSM-5, 2013 ).

Uno  studio condotto da Wallerstein e Kelly (1980) ha permesso di evidenziare le reazioni comportamentali più comuni che i figli di genitori separati mettono in atto a secondo della fase dell’età evolutiva in cui si trovano e di cui si riportano qui brevemente alcune delle più frequenti nelle  tre fasce d’età considerate: 

Dai 2 ai 5 anni: i bambini evidenziano stati di ansia, confusione e paura giustificata anche dal fatto che molto spesso i genitori,  non sono molto chiari nei comportamenti perché temono che il bambino piccolo possa soffrire troppo e che proprio per la tenera età non sia in grado di  comprendere le spiegazioni degli adulti su ciò che sta accadendo al loro nucleo familiare. In questa fascia di età il bambino può manifestare fantasie di riconciliazione  nutrendo forti speranze che i suoi genitori possano tornare insieme; aggressività che spesso deriva dal senso di perdita quando uno dei due genitori “scompare” dalla sua vita; regressione ad esempio esprimendo la propria ansia tornando a bagnare il letto o manifestando comportamenti eccessivamente dipendenti; sviluppo di problemi alimentari.

Dai 5 ai 7 anni: tristezza e nostalgia del genitore assente; paura e senso di abbandono; rabbia, preoccupazione; conflitto di lealtà poichè il bambino si sente messo in mezzo fra i genitori (triangolazione) e non sa come deve comportarsi e può cominciare ad interpretare i vari “ruoli” descritti precedentemente nel tentativo di proteggere se stesso oltre che i genitori; anche in questa fascia di età si manifestano fantasie di riconciliazione.

Dagli 8 ai 12 anni: in questa fascia di età cresce nel bambino una maggiore presa di  coscienza delle cause e delle conseguenze della scissione dei legami tra i genitori ed è proprio in questa fase che è più facile che avvengano “schieramenti” per l’uno o l’altro genitore inconflitto. Possono manifestare forte rabbia, scatti d’ira, timori, fobie e rifiuti; possono insorgere malesseri psicosomatici quali mal di testa, mal di stomaco, disturbi del sonno; elaborazione e giudizio identificando uno dei due genitori “buono” e l’altro “cattivo”. Può insorgere infine una ridotta autostima dovuta alla difficoltà di concentrarsi a scuola e quindi un calo nel rendimento.

Dai 15 anni in poi fino alla maggiore età e oltre i figli possono assumere ruoli genitoriali poiché alcuni genitori presentano una forte dipendenza e cercano sostegno emotivo e pratico. Il figlio adulto può in questo caso assumere in modo cosciente la responsabilità di badare al genitore emotivamente dipendente ed è difficile in questo caso che esca da questo “ruolo” per proseguire un suo percorso personale maturativo e di crescita.

 

Bibliografia

Brazelton B, Greenspan S. (2001). “ I bisogni irrinunciabili dei bambini”. Cortina, Milano.

Canevelli F., Lucardi M. (2008), “La mediazione familiare. Dalla rottura del legame al riconoscimento dell’altro”, Boringhieri, Torino.

Dallanegra P. (a cura di) (2005), “Le radici nel futuro. La continuità della relazione genitoriale oltre la crisi familiare”, Franco Angeli, Milano.

Dunn J., Deater-Deckard K. (2001), “Children’s views of their changing families, York Publishing Services, York

Malagoli-Togliatti M., Lubrano Lavadera A. (2009), “I figli che affrontano la separazione dei genitori”. In Psicologia Clinica e dello Sviluppo, 1, pp. 3-39

Malagoli Togliatti, S. Mazzoni, A. Lubrano Lavadera (2010), Child symptoms and family alliance. Leipzig, Germania

Minuchin S., Nichols M.P. (2006), “Assessing Families and Couples: from Symptom to system. Allyn & Bacon, New York.

Pryor J., Emery R.E. (2004), “Children of Divorce”. in Pufall, P.B., Unsworth, R.P. (a cura di), Rethinking Childhood. Rutgers University Press, Brunswick, NJ, pp, 170-190